lunedì 10 ottobre 2011

La burocrazia per gli immigrati: un meccanismo da revisionare


Il primo grande ostacolo che gli extracomunitari devono affrontare, una volta giunti nel nostro paese, è costituito dal conseguimento del permesso di soggiorno.
Molti immigrati giungono in Italia privi di documenti, ma dopo l’approvazione della legge Bossi-Fini nel 2002, che riconduce la questione degli stranieri ad un problema di sicurezza, la mancanza di documento purtroppo è sempre più spesso associata alla delinquenza. Ciò determina il pregiudizio negativo della collettività nei confronti dell’immigrato, un pregiudizio che porta in molti casi all’emarginazione di quest’ultimo.
La legge italiana prevede che l’extracomunitario, per ottenere il permesso di soggiorno, debba avere un’occupazione stabile e continuativa. Ma la realtà è molto più complessa di quanto sembri, dal momento che la maggior parte degli immigrati, nel nostro paese, lavora in nero. A Palermo per esempio, secondo le stime del Centro Astalli Onlus, circa il 70% degli stranieri svolge la propria occupazione clandestinamente. La maggior parte di questi lavoratori si trova, dunque, priva di qualsiasi forma di garanzia e tutela. Anche per i lavoratori regolari la situazione è alquanto precaria: spesso, infatti, può accadere che i datori di lavoro non reiterino il contratto di impiego agli extracomunitari e, di conseguenza, si riducono altamente le possibilità che il permesso di soggiorno venga loro rinnovato. Come afferma Yodith, operatrice sociale di origini etiopi: “La vita di noi immigrati è fortemente condizionata dall’avere o meno un posto di lavoro”.
Questa difficile situazione è inoltre aggravata dalla lentezza, dalla non trasparenza e dalla complessità della burocrazia italiana.
Per indagare sull’inefficienza del sistema burocratico italiano e sul conseguente disagio degli stranieri, abbiamo raccolto la testimonianza di Nzirirane Furaha, detta Bijou, trentatreenne nata in Congo, immigrata a Palermo ormai da molti anni e adesso volontaria del Centro Astalli.
Stando a quanto ci ha raccontato Bijou, ottenere il permesso di soggiorno è un processo lungo e articolato. L’iter burocratico prevede diverse fasi:
  1. L’extracomunitario deve innanzitutto recarsi in Questura entro 8 giorni (superati i quali egli diventerebbe automaticamente clandestino) e fare richiesta per conseguire il permesso.
  2. Il passo successivo è rivolgersi al Patronato, dove l’immigrato è indirizzato dalla Questura. Questo, sostiene Bijou, è il primo ostacolo per gli stranieri, che, date le difficoltà legate alla comprensione del nostro sistema amministrativo e della nostra lingua, non sanno orientarsi tra i diversi uffici dell’apparato burocratico.
  3. Al Patronato si avviano le procedure per ottenere il permesso. Occorre a questo punto recarsi alle poste per spedire i moduli necessari al Ministero Degli Interni.
  4. Infine bisogna presentarsi nuovamente in Questura per il rilascio delle impronte digitali.
Essere ricevuti in Questura, però, è tutt’altro che semplice, a causa dei lunghi tempi di attesa: qui infatti sono prevsti soltanto pochi incontri nell’arco della mattinata, ragion per cui gli immigrati si recano agli uffici prima dell’alba e attendono in coda fin dalle quattro del mattino, sperando di poter essere accolti.
Altrettanto lunghi sono i tempi di rilascio del permesso di soggiorno: per gli stranieri che fanno richiesta di permesso per la prima volta, il periodo di attesa varia da 1 a 3 anni; per coloro che ne richiedono il rinnovo i disagi sono ancora maggiori, poiché spesso la procedura burocratica è talmente lenta che il documento viene consegnato già scaduto e l’interessato è costretto a farne nuovamente domanda.
Infine Bijou lamenta anche l’indisponenza e la diffidenza con cui la maggior parte degli operatori statali interagisce con gli extracomunitari.
Un possibile rimedio alla forma di conflitto che si viene a creare tra gli immigrati, disorientati in un contesto sociale per loro nuovo, e la burocrazia italiana, complessa e inefficiente, è fornita dai Centri Astalli che nelle differenti realtà locali, costituiscono l’espressione italiana del JRS (Jesuit Refugee Service), un organismo internazionale della Compagnia di Gesù, presente da 30 anni in oltre 60 paesi dei cinque continenti con la specifica missione del servizio ai rifugiati, attuata sia nell’accoglienza che nella difesa dei loro diritti e che fa della nonviolenza, intesa come apertura all’esistenza, alla libertà, allo sviluppo e all’emancipazione di tutti, uno dei suoi punti di forza.
Dopo aver visitato il Centro Astalli di Palermo, abbiamo avuto modo di constatare che tra i diversi servizi offerti agli stranieri vi è il “Sostegno Burocratico”, che consiste nell’assistere l’utente passo, passo, nelle procedure inerenti al conseguimento del permesso di soggiorno e altre questioni burocratiche.
Questo servizio garantisce all’extracomunitario il sostegno necessario dalla compilazione dei moduli fino all’esito finale della procedura.
Un ulteriore contributo fondamenale, al fine di aevolare l’immigrato nel rapportarsi con la burocrazia italiana, è l’insegnamento della lingua locale ad opera dei volontari del Centro. L’apprendimento della lingua italiana è uno strumento indispensabile per promuovere l’integrazione dello straniero nel nuovo ambito sociale.
Negli ultimi anni le iniziative promosse dal Centro, mirate all’integrazione interculturale, hanno raggiunto importanti risultati, come dimostra l’esponenziale aumento degli utenti che riescono ad emanciparsi nel contesto cittadino.
Considerato il successo concreto ottenuto dal Centro, riteniamo auspicabile, come soluzione ai disagi che gli immigrati fronteggiano quotidianamente nei nostri uffici pubblici, l’apertura di nuovi centri di accoglienza, soprattutto nei quartieri della città dove la presenza di extracomunitari è particolarmente alta, in modo da poter tutelare, assistere e sostenere il maggior numero possibile di persone, con l’obiettivo di fornire loro gli strumenti necessari per reagire dignitosamente agli ostacoli che si presentano nel loro cammino verso l’affermazione dei propri diritti.





Mettete l ‘uomo in condizioni umane e sarà uomo”
(card. E. Ruffini)

Fonti:

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