La
Costituzione
della Repubblica Italiana
è la legge fondamentale e fondativa dello Stato italiano. Fu
approvata dall'Assemblea Costituente il 22 dicembre 1947 e promulgata
dal capo provvisorio dello Stato Enrico De Nicola il 27 dicembre
1947. Fu pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
Italiana n. 298, edizione straordinaria, del 27 dicembre 1947 ed
entrò
in vigore il 1º gennaio 1948.
Storia
Origini e nascita
Lo
Stato italiano nasce, da un punto di vista istituzionale, con la
legge del 17 marzo 1861 che attribuisce a Vittorio Emanuele II, «re
di Sardegna», e ai suoi successori, il titolo di «re d'Italia». E’
la nascita giuridica di uno Stato italiano (anche se altri stati
avevano già portato tale nome nel passato, dai Goti ai Longobardi
per finire al periodo napoleonico). La continuità tra il Regno di
Sardegna e quello d'Italia è normalmente sostenuta in base
all'estensione dell'applicazione della sua legge fondamentale, lo
Statuto Albertino concesso da Carlo Alberto di Savoia nel 1848, a
tutti i territori del regno d'Italia progressivamente annessi al
regno sabaudo nel corso delle guerre d'indipendenza. La conservazione
dell'ordinale dinastico da parte di Vittorio Emanuele, e l'estensione
dello Statuto Albertino ai territori annessi hanno portato gli
storici a parlare di "piemontesizzazione" dello stato
italiano ad opera dei Savoia.
Lo
Statuto Albertino fu simile alle altre costituzioni rivoluzionarie
vigenti nel 1848 e rese l'Italia una monarchia costituzionale, con
concessioni di poteri al popolo su base rappresentativa. Era una
tipica costituzione "ottriata", ossia concessa dal sovrano
e, da un punto di vista giuridico, si caratterizzava per la sua
natura "flessibile", ossia derogabile ed integrabile in
forza di atto legislativo ordinario. Poco tempo dopo la sua entrata
in vigore, proprio a causa della sua flessibilità, fu possibile
portare l'Italia da una forma di monarchia costituzionale pura a
quella di monarchia parlamentare, sul modo di operare tradizionale
delle istituzioni inglesi (benché il potere esecutivo fosse detenuto
completamente dal re, sempre più spesso il Consiglio dei ministri
rifiutò
di restare in carica quando non gradito alla camera elettiva).
Il
primo Parlamento dello Stato unitario, in principio del 1861, si
compose con un suffragio elettorale ristretto al 2% della
popolazione; nel 1882 il diritto di voto fu portato al 7% della
popolazione, con riforme nel 1912 e 1918 il diritto fu esteso fino a
una forma di suffragio universale maschile.
Malgrado
l'articolo 1º proclamasse il cattolicesimo religione di stato le
relazioni fra la Santa Sede e lo Stato furono praticamente interrotte
tra il 1870 il 1929, per via della Questione romana.
Anche
a causa della mancanza di rigidità dello Statuto, col giungere del
fascismo lo Stato fu deviato verso un regime autoritario dove le
forme di libertà pubblica fin qui garantite vennero stravolte: le
opposizioni vennero bloccate o eliminate, la Camera dei Deputati fu
abolita e sostituita dalla «Camera dei fasci e delle corporazioni»,
il diritto di voto fu cancellato; diritti, come quello di riunione e
di libertà di stampa, furono piegati in garanzia dello Stato
fascista, mentre il partito unico fascista non funzionò
come strumento di partecipazione, ma come strumento di intruppamento
della società civile e di mobilitazione politica pilotata dall'alto.
Tuttavia lo Statuto Albertino, nonostante le modifiche, non fu
formalmente abolito.
I
rapporti con la Chiesa cattolica vennero invece sanati e rinsaldati
tramite i Patti lateranensi del 1929, che ristabilirono ampie
relazioni politico-diplomatiche tra la Santa Sede e lo Stato
italiano.
Il
25 luglio 1943, verso la fine della seconda guerra mondiale, Benito
Mussolini perse il potere, il re Vittorio Emanuele III nominò
il maresciallo Pietro Badoglio per presiedere un governo che
ripristinò
in parte le libertà dello statuto ; iniziò
così
il cosiddetto «regime transitorio», di cinque anni, che terminò
con l'entrata in vigore della nuova Costituzione e le successive
elezioni politiche dell'aprile 1948, le prime della storia
repubblicana. Ricomparvero quindi i partiti antifascisti costretti
alla clandestinità, riuniti nel Comitato di liberazione nazionale ,
decisi a modificare radicalmente le istituzioni per fondare uno Stato
democratico.
Con
il progredire e il delinearsi della situazione, con i partiti
antifascisti che iniziavano ad entrare nel governo, non fu possibile
al re di riproporre uno Statuto Albertino eventualmente modificato e
la stessa monarchia, giudicata compromessa con il precedente regime,
era messa in discussione. La divergenza, in clima ancora bellico,
trovò
una soluzione temporanea, una «tregua istituzionale», in cui si
stabiliva: la necessità di trasferire i poteri del re al figlio (ci
fu un proclama del re il 12 aprile 1944), il quale doveva assumere la
carica provvisoria di luogotenente
del regno,
mettendo da parte temporaneamente la questione istituzionale; quindi
la convocazione di una Assemblea Costituente incaricata di scrivere
una nuova carta costituzionale, eletta a suffragio universale (giugno
1944). Fu poi esteso il diritto di voto alle donne (febbraio 1945) e,
ormai raggiunto il silenzio delle armi, fu indetto il referendum per
la scelta fra repubblica e monarchia (marzo 1946).
Dopo i sei
anni della seconda guerra mondiale e i venti anni della dittatura, il
2 giugno 1946 si svolsero contemporaneamente il referendum
istituzionale e l'elezione dell'Assemblea Costituente, con la
partecipazione dell'89% degli aventi diritto. Il 54% dei voti (più
di 12 milioni) fu per lo stato repubblicano, superando di 2 milioni i
voti a favore dei monarchici (che contestarono l'esito).
L'Assemblea
fu eletta con un sistema proporzionale e furono assegnati 556 seggi,
distribuiti in 31 collegi elettorali.
Ora
i partiti del Comitato di liberazione nazionale cessarono di
considerarsi uguali, si poté constatare il loro grado d'influenza.
Dominarono le elezioni tre grandi formazioni: la Democrazia
Cristiana, che ottenne il 35,2% dei voti e 207 seggi; il Partito
socialista, 20,7% dei voti e 115 seggi; il Partito comunista, 18,9% e
104 seggi. La tradizione liberale (riunita nella coalizione Unione
Democratica Nazionale), protagonista della politica italiana nel
periodo precedente la dittatura fascista, ottenne 41 deputati, con
quindi il 6,8% dei consensi; il Partito repubblicano, anch'esso
d'ispirazione liberale ma con un approccio differente nei temi
sociali, 23 seggi, pari al 4,4%. Mentre il Partito d'Azione,
nonostante un ruolo di primo piano nella Resistenza, ebbe solo l'1,5%
corrispondente a 7 seggi. Fuori dal coro, in opposizione alla
politica del CLN, raccogliendo voti dei fautori rimasti del
precedente regime, c'è la formazione dell'Uomo qualunque, che prese
il 5,3%, con 30 seggi assegnati.
L'intesa costituzionale
L'intesa
che permise la realizzazione della costituzione è stata più volte
definita «compromesso costituzionale», consistente in una
commistione di concezioni politiche diverse, risultato di reciproche
rinunce e successi. Le forze in seno all'assemblea, infatti,
tendenzialmente, non avendo sicure idee sul possibile prosieguo della
vita politica italiana, piuttosto che tentare di ostacolare le altre
parti politiche, spinsero per l'approvazione di norme che
rispecchiassero i rispettivi principi base.
Giorgio
La Pira sintetizzò
le due concezioni costituzionali e politiche alternative dalle quali
si intendeva differenziare la nascente Carta, distinguendone una
"atomista,
individualista, di tipo occidentale, rousseauiana"
ed una "statalista,
di tipo hegeliano".
Secondo i costituenti, riferì
La Pira, si pensò
di differenziarla nel principio che per
il pieno sviluppo della persona umana, a cui la nostra costituzione
doveva tendere, era necessario non soltanto affermare i diritti
individuali, non soltanto affermare i diritti sociali, ma affermare
anche l'esistenza dei diritti delle comunità intermedie che vanno
dalla famiglia sino alla comunità internazionale.
I
lavori dovevano terminare il 24 febbraio 1947 ma la Costituente non
verrà sciolta che il 31 dicembre 1947, dopo aver adottato la
Costituzione il 22 dicembre con 453 voti contro 62. La Costituzione
entra in vigore il primo gennaio 1948.
Caratteristiche
Composizione e struttura
La
costituzione è composta da 139 articoli (ma 5 articoli sono stati
abrogati: 115;124;128;129;130), divisi in quattro sezioni:
- principi fondamentali (artt. 1-12);
- parte prima, diritti e doveri dei cittadini (artt. 13-54);
- parte seconda, concernente l'ordinamento della Repubblica (artt. 55-139);
- 18 disposizioni transitorie e finali, riguardanti situazioni relative al trapasso dal vecchio al nuovo regime e destinate a non ripresentarsi.
Caratteristiche tecniche
La
Costituzione italiana è una costituzione scritta, rigida, lunga,
votata, compromissoria, democratica e programmatica.
- Innanzitutto, la normazione è contenuta in un testo legislativo scritto. La scelta è comune all'esperienza di civil law ed a quella di common law, con la grande eccezione della Gran Bretagna, paese nel quale la Costituzione è in forma orale (tranne alcuni documenti come la Magna Charta).
- Inoltre, si dice che la Costituzione italiana è rigida. Con ciò si indica che da un lato è necessario un procedimento parlamentare aggravato per la riforma dei suoi contenuti (non bastando la normale maggioranza), e dall'altro che le disposizioni aventi forza di legge in contrasto con la Costituzione vengono rimosse con un procedimento innanzi alla Corte costituzionale.
- La Costituzione è lunga, ossia contiene disposizioni in molti settori del vivere civile, non limitandosi a indicare le norme sulle fonti del diritto. In ogni caso, da questo punto di vista, è da dire che il disposto costituzionale presenta per larga parte carattere programmatico, venendo così in rilevanza solo in sede di indirizzo per il legislatore o in sede di giudizio di legittimità degli atti aventi forza di legge. Il processo di consolidamento dei principi indicati dalla Costituzione, attraverso la loro concretizzazione nella legge ordinaria (o, talvolta, nell'orientamento giurisprudenziale come è avvenuto per l'attuazione dell'art. 36 relativamente al principio del trattamento economico minimo previsto per i lavoratori dipendenti), è detto attuazione della Costituzione. Tale processo non è da considerarsi ancora concluso. Il legislatore costituzionale, inoltre, ha ritenuto di ritornare nella Costituzione repubblicana su alcune materie, per integrarle e ampliarle, adottando provvedimenti di legge costituzionale, tipici di tutte le costituzioni lunghe. Tali emendamenti sono integrazioni alla costituzione, approvate con lo stesso procedimento della revisione costituzionale, e costituiscono modificazioni più o meno profonde. Per quanto concerne l'attuazione e l'integrazione delle norme costituzionali, si ricorda ad esempio che la Corte costituzionale non venne attivata che nel 1955 (le elezioni dei giudici tramite una legge non avvenne che nel 1953), che il Consiglio superiore della magistratura venne attivato nel 1958 e che le Regioni ordinarie vennero istituite nel 1970 (sebbene quattro regioni speciali vennero istituite nel 1948 e il Friuli-Venezia Giulia nel 1963); il referendum abrogativo, infine, venne istituito con una legge del 15 maggio 1970.
- Votata perché rappresenta un patto tra i componenti del popolo italiano.
- Compromissoria perché alla sua formazione ha collaborato una pluralità dei partiti.
- Democratica perché è dato particolare rilievo a sindacati e partiti politici e c'è la partecipazione del popolo.
- Infine, è programmatica perché rappresenta un programma (dà alle forze politiche il compito di rendere veri gli obbiettivi fissati dai costituenti attraverso opportuni provvedimenti legislativi).
Direttrici fondamentali
Nelle
linee guida della Carta è ben visibile la tendenza all'intesa e al
compromesso dialettico tra gli autori. La Costituzione mette
l'accento sui diritti economici e sociali e sulla loro garanzia
effettiva. Si ispira anche ad una concezione antiautoritaria dello
Stato con una chiara diffidenza verso un potere esecutivo forte e una
fiducia nel funzionamento del sistema parlamentare. Non mancano
importanti riconoscimenti alle libertà individuali e sociali,
rafforzate da una tendenza solidaristica di base. Fu possibile,
anche, grazie alla moderazione dei marxisti, ratificare gli accordi
lateranensi e permettere di accordare una autonomia regionale tanto
più marcata nelle isole e nelle regioni con forti minoranze
linguistiche (aree in cui la sovranità italiana era stata messa in
forte discussione durante l'ultima parte della guerra, e in parte lo
era ancora durante i lavori costituenti).
I principi fondamentali della repubblica italiana
Secondo
la dottrina la Costituzione è caratterizzata da alcuni principi non
revisionabili fondamentali che ne hanno ispirato la redazione.
Principio personalista
La
Costituzione coglie la tradizione liberale e giusnaturalista nel
testo dell'art. 2: in esso infatti si dice che "la Repubblica
riconosce
e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo". Tali diritti sono
considerati diritti naturali, non creati giuridicamente dallo Stato
ma ad esso preesistenti. Tale interpretazione è agevolmente
rinvenibile nella parola "riconoscere" che implica la
preesistenza di un qualcosa. Tale impostazione, stimolata dalla
componente d'ispirazione cattolica dell'assemblea costituente, fu il
frutto di una sentita reazione al totalitarismo e alla concezione
hegeliana dello Stato che in esso si propugnava.
Principio pluralista
È
tipico degli stati democratici. Pur se la Repubblica è dichiarata
una ed indivisibile, è riconosciuto e tutelato il pluralismo delle
formazioni sociali (art. 2), degli enti politici territoriali (art.
5), delle minoranze linguistiche (art. 6), delle confessioni
religiose (art. 8), delle associazioni (art. 18), di idee ed
espressioni (art. 21), della cultura (art. 33, com. 1), delle scuole
(art. 33, com. 3), delle istituzioni universitarie e di alta cultura
(art. 33, com. 6), dei sindacati (art. 39) e dei partiti politici
(art. 49).
E’ riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.
E’ riconosciuta altresì anche la libertà delle stesse organizzazioni intermedie, e non solo degli individui che le compongono, in quanto le formazioni sociali meritano un ambito di tutela loro proprio. In ipotesi di contrasto fra il singolo e la formazione sociale cui egli è membro, lo Stato non dovrebbe intervenire. Il singolo, tuttavia, deve essere lasciato libero di uscirne.
Principio lavorista
Ci
sono riferimenti già agli art. 1, com. 1 ed all'art. 4, com. 2. Il
lavoro non è solo un rapporto economico, ma anche un valore sociale
che nobilita l'uomo. Non è solo un diritto, bensì
anche un dovere che eleva il singolo. Non serve ad identificare una
classe. Nello stato liberale la proprietà aveva più importanza,
mentre il lavoro ne aveva meno. I disoccupati, senza colpa, non
devono comunque essere discriminati.
Principio democratico
Già
gli altri tre principi sono tipici degli stati democratici, ma ci
sono anche altri elementi a caratterizzarli: la preponderanza di
organi elettivi e rappresentativi; il principio di maggioranza ma con
tutela della minoranze (anche politiche); processi decisionali
(politici e giudiziari) trasparenti e aperti a tutti; ma soprattutto
il principio di sovranità popolare (art. 1, com. 2).
Principio di uguaglianza
Come
è affermato con chiarezza nell'art.3, tutti i cittadini, senza
distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni
politiche, di condizioni sociali e personali, sono uguali davanti
alla legge (uguaglianza formale, comma 1) e devono essere in grado di
sviluppare pienamente la loro personalità sul piano economico,
sociale e culturale (uguaglianza sostanziale, comma 2)
Principio di laicità e di tolleranza
Lo
Stato e la Chiesa cattolica sono, ciascuno nel proprio ordine,
sovrani e indipendenti (art. 7) e tutte le confessioni religiose,
diverse da quella cattolica, sono egualmente libere davanti alla
legge (art. 8)
Principio solidarista
Esistono
doveri civici di solidarietà politica, sociale ed economica tra i
cittadini. Il principale riferimento è l'art. 2, com. 2; essi
rappresentano l'interpretazione che la Costituzione ha dato al
concetto di stato sociale.
Principio internazionalista
Come
viene sancito dall'art. 10, l'ordinamento italiano si conforma alle
norme del diritto internazionale generalmente riconosciute; ciò
comporta un "rinvio
mobile"
ovvero un adattamento automatico di tali norme nel nostro
ordinamento. Inoltre l'art. 11 consente, in condizioni di parità con
gli altri stati, limitazioni alla sovranità nazionale, necessarie
per assicurare una pacifica coesistenza tra le Nazioni.
Principio pacifista
Come
viene sancito all' art. 11, la Repubblica italiana ripudia la guerra
e promuove gli organismi internazionali per assicurare il
mantenimento della pace e della giustizia fra le Nazioni
Parte prima: diritti e doveri dei cittadini
La
parte prima è composta da 42 articoli, e si occupa dei diritti e dei
doveri dei cittadini.
Rapporti civili
dall'articolo
13 al 28
Le
libertà
individuali:
gli articoli dal 13 al 16 affermano che la libertà è un valore
sacro e quindi inviolabile (art. 13), che il domicilio è inviolabile
(art. 14), che la corrispondenza è libera e segreta (art. 15), che
ogni cittadino può
soggiornare e circolare liberamente nel Paese (art. 16).
Le
libertà
collettive:
gli articoli dal 17 al 21 affermano che i cittadini italiani hanno il
diritto di riunirsi in luoghi pubblici (con il permesso delle
autorità), privati e aperti al pubblico (liberamente) occasionale
(art. 17) e di associarsi liberamente hanno uno scopo comune non
devono andare contro il principio democratico e del codice penale
(art. 18), che ogni persona ha il diritto di professare liberamente
il proprio credo (art. 19), che ogni individuo è libero di
professare il proprio pensiero, con la parola, lo scritto e ogni
altro mezzo di comunicazione (art. 21).
Il
diritto
penale:
gli articoli dal 22 al 28 affermano il principio della forza
legittima (art. 23), il diritto attivo e passivo alla difesa in
tribunale (art. 24), il principio di legalità della pena (art. 25),
limitazioni all'estradizione dei cittadini (art. 26), il principio di
personalità nella responsabilità penale (art. 27, com. 1), il
principio della presunzione di non colpevolezza (art. 27, com. 2) ed
il principio di umanità e rieducatività della pena (art. 27, com.
3).
Rapporti etico-sociali
dall'articolo
29 al 34
la
famiglia
gli articoli dal 29 al 31 affermano che la Repubblica italiana
riconosce la famiglia come società naturale fondata sul matrimonio,
e afferma anche che è di dovere e diritto dei genitori mantenere,
istruire ed educare i figli.
la
salute
l'art. 32 afferma che la Repubblica tutela la salute come
fondamentale diritto dell'individuo ed interesse della collettività.
Afferma inoltre che "nessuno può
essere obbligato a un determinato trattamento sanitario se non per
disposizione di legge" e che la legge "non può
in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona
umana".
l'arte
e la cultura
l'art. 33 afferma che l'arte e la scienza sono libere e libero ne è
l'insegnamento.
la
scuola
l'art. 34 afferma che la scuola è aperta a tutti; quella statale è
gratuita; libera e senza oneri per lo Stato quella privata.
Rapporti economici
dall'articolo
35 al 47
l'organizzazione
del lavoro:
gli articoli dal 35 al 47 affermano che la Repubblica tutela il
lavoro e la libertà di emigrazione (art. 35), il diritto al giusto
salario (art. 36, com. 1), la durata massima della giornata
lavorativa (art. 36, com. 2), il diritto/dovere al riposo settimanale
(art. 36, com. 3), il lavoro femminile e minorile (art. 37), i
lavoratori invalidi, malati, anziani o disoccupati (art. 38), la
libertà di organizzazione sindacale (art. 39), il diritto di
sciopero (art. 40), la libertà di iniziativa economica (art. 41), la
proprietà (art. 42), la possibilità ed i limiti all'espopriazione
(art 43), la proprietà terriera (art. 44), le cooperative e
l'artiginato (art. 45), la collaborazione tra i lavoratori (art. 46)
ed il risparmio (art. 47).
Rapporti politici
dall'articolo
48 al 54
Le
elezioni:
l'art. 48 afferma che sono elettori tutti i cittadini, uomini e
donne, che hanno raggiunto la maggiore età; afferma anche che il
voto è personale ed eguale, libero e segreto, e che il suo esercizio
è dovere civico.
I
partiti:
l'art. 49 afferma il principio della libertà di associarsi in
partiti e del pluripartitismo politico.
Le
tasse:
l'art. 53 afferma che il dovere di tutti i cittadini di concorrere
alle spese pubbliche pagando le tasse (com. 1) ed il principio di
progressività della tassazione (com. 2).
I
doveri:
l'art. 52 afferma il dovere di difendere la patria mentre l'art. 54
afferma il dovere di essere fedeli alla Repubblica, alla Costituzione
ed alle leggi.
Parte seconda: ordinamento della repubblica Il Parlamento [modifica]
dall'articolo
55 al 82
Il
primo titolo riguarda il potere legislativo ed è suddiviso in due
sezioni:
Le Camere
dall'articolo
55 al 69
La Formazione delle Leggi
dall'articolo
70 al 82
Il Presidente della Repubblica
dall'articolo
83 al 91
Il
secondo titolo riguarda le modalità di elezione, i poteri e le
responsabilità del capo dello stato, garante dell'equilibrio dei
poteri.
Il Governo
dall'articolo
92 al 100
Il
terzo titolo riguarda il potere esecutivo ed è suddiviso in tre
sezioni:
Il Consiglio dei Ministri
dall'articolo
92 al 96
La Pubblica Amministrazione
dall'articolo
97 al 98
Gli Organi Ausiliari
dall'articolo
99 al 100
La Magistratura
dall'articolo
111 al 113
Il
quarto titolo riguarda il potere giudiziario ed è suddiviso in due
sezioni:
Ordinamento giurisdizionale
dall'articolo
101 al 110
Norme sulla giurisdizione
dall'articolo
111 113
Le Regioni, le Province, i Comuni
dall'articolo
114 al 133
Il
quinto titolo riguarda le norme relative ai governi locali
Garanzie Costituzionali
dall'articolo
134 al 139
Il
sesto titolo riguarda le garanzie poste per preservare la stessa
costituzione ed è suddiviso in due sezioni
La Corte Costituzionale
dall'articolo
134 al 137
Revisione della costituzione e leggi costituzionali
dall'articolo
138 al 139
Revisioni e Legislazione costituzionale
Secondo
la procedura prevista dall'art. 138 della Costituzione per l'adozione
delle leggi di revisione della Costituzione e per le altre leggi
costituzionali sono necessarie due deliberazioni di entrambe le
camere ad un intervallo non minore di tre mesi ed a maggioranza
assoluta dei componenti di ciascuna di queste nella seconda
votazione.
Le
modifiche al testo della costituzione non devono comunque
compromettere lo spirito repubblicano e gli ideali sui quali essa si
fonda. La forma repubblicana non può
essere oggetto di revisione costituzionale.(art. 139).
La dottrina prevalente ritiene che i principi fondamentali (art. dall'1 al 12) siano una base irrinunciabile per lo spirito repubblicano su cui la Costituzione si fonda. Per questo motivo non possono essere modificati.
La dottrina prevalente ritiene che i principi fondamentali (art. dall'1 al 12) siano una base irrinunciabile per lo spirito repubblicano su cui la Costituzione si fonda. Per questo motivo non possono essere modificati.
Nel
caso in cui la legge costituzionale sia stata approvata con una
maggioranza inferiore dei due terzi dei componenti in una o in
entrambe le camere, se entro tre mesi dalla loro pubblicazione, ne
facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila
elettori o cinque Consigli regionali la legge è sottoposta a
referendum e non è promulgata, se non è approvata dalla maggioranza
dei voti validi.
Il
testo originario della Costituzione, nel corso della storia, ha
subito alcune revisioni, o emendamenti.
Le
leggi di revisione costituzionale sono le seguenti:
- Legge costituzionale n. 2 del 9 febbraio 1963, modificante gli articoli 56, 57, e 60 della Costituzione;
- Legge costituzionale n. 3 del 27 dicembre 1963, modificante gli articoli 131 e 57 della Costituzione e istituzione della regione Molise;
- Legge costituzionale n. 2 del 22 novembre 1967, modificante l'articolo 135 della Costituzione e le disposizioni sulla Corte costituzionale;
- Legge costituzionale n. 1 del 16 gennaio 1989, modificante gli articoli 96, 134 e 135 della Costituzione, così come le disposizioni della legge costituzionale n° 1 dell'11 marzo 1953 e le norme in materia di procedura per i crimini considerati dall'articolo 96 della Costituzione;
- Legge costituzionale n. 1 del 4 novembre 1991, modificante l'articolo 88, secondo capoverso della Costituzione;
- Legge costituzionale n. 1 del 6 marzo 1992, revisione dell'articolo 79 della Costituzione concernente l'applicazione dell'amnistia e la riduzione delle pene;
- Legge costituzionale nº 3 del 29 ottobre 1993, modificante l'articolo 68 della Costituzione;
- L.cost. 22 novembre 1999, n. 1 - Disposizioni concernenti l'elezione diretta del Presidente della Giunta regionale e l'autonomia statutaria delle Regioni
- L.cost. 23 novembre 1999, n. 2 - Inserimento dei principi del giusto processo nell'articolo 111 della Costituzione
- L.cost. 17 gennaio 2000, n. 1 - Modifica all'articolo 48 della Costituzione concernente l'istituzione della circoscrizione Estero per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini italiani residenti all'estero
- L.cost. 23 gennaio 2001, n. 1 - Modifiche agli articoli 56 e 57 della Costituzione concernenti il numero di deputati e senatori in rappresentanza degli italiani all'estero
- L.cost. 18 ottobre 2001, n. 3 - Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione
- L.cost. 23 ottobre 2002, n. 1 - Legge costituzionale per la cessazione degli effetti dei commi primo e secondo della XIII disposizione transitoria e finale della Costituzione
- L.cost. 30 maggio 2003, n. 1, Modifica dell'Art. 51 della Costituzione.
- Legge Costituzionale 2 ottobre 2007, n. 1 di modifica dell'art.27: sopprime le parole: se non nei casi previsti dalle leggi militari di guerra
Per
ciò
che concerne le altre leggi costituzionali, un primo insieme riguarda
l'approvazione o la modifica degli statuti delle Regioni autonome
(statuto speciale), di cui alcuni sono stati approvati nel febbraio
1948 dalla Costituente. Si tratta delle leggi seguenti:
- L.cost. 26 febbraio 1948, n. 2, Conversione in legge costituzionale dello Statuto della Regione siciliana emanato con R.D.Lgs. 15 maggio 1946, n. 455, Approvazione dello Statuto della Regione siciliana;
- L.cost. 26 febbraio 1948, n. 3, Statuto speciale per la Sardegna;
- L.cost. 26 febbraio 1948, n. 4, Statuto speciale per la Valle d'Aosta;
- L.cost. 26 febbraio 1948, n. 5, Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige;
- L.cost. 31 gennaio 1963, n. 1, Statuto speciale della Regione Friuli-Venezia Giulia;
- L.cost. 10 novembre 1971, n. 1, Modificazioni e integrazioni dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige
- L.cost. 23 febbraio 1972, n. 1, Modifica del termine stabilito per la durata in carica dell'Assemblea regionale siciliana e dei consigli regionali della Sardegna, della Valle d'Aosta, del Trentino-Alto Adige, del Friuli-Venezia Giulia;
- L.cost. 9 maggio 1986, n. 1, Modifica dell'articolo 16 dello statuto speciale per la Sardegna, approvato con la L.cost. 26 febbraio 1948, n. 3, concernente la definizione del numero dei consiglieri regionali;
- L.cost. 12 aprile 1989, n. 3, Modifiche ed integrazioni alla L.cost. 23 febbraio 1972, n. 1, concernente la durata in carica dell'Assemblea regionale siciliana e dei consigli regionali della Sardegna, della Valle d'Aosta, del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia. Modifica allo statuto speciale per la Valle d'Aosta;
- L.cost. 23 settembre 1993, n. 2, Modifiche ed integrazioni agli statuti speciali per la Valle d'Aosta, per la Sardegna, per il Friuli-Venezia Giulia e per il Trentino-Alto Adige;
- L.cost. 31 gennaio 2001, n. 2, Disposizioni concernenti l’elezione diretta dei presidenti delle regioni a statuto speciale e delle province autonome di Trento e Bolzano.
Un
ultimo insieme riguarda le leggi che introducono delle norme di
natura costituzionale, e deroghe a quelle previste dalla
costituzione. Tra queste sono incluse le leggi costituzionali del 22
novembre 1967 (n°2) la legge costituzionale del 16 gennaio 1989 (n°
1). Inoltre sono incluse le seguenti leggi:
- Legge costituzionale n. 1 del 9 febbraio 1948, regola le attività della corte costituzionale e garantisce l'indipendenza della stessa;
- Legge costituzionale n. 1 del 11 maggio 1953, regole complementari legate alla corte costituzionale;
- Legge costituzionale n. 1 del 18 marzo 1958, modifica del termine ultimo per l'applicazione della disposizione transitoria XI della costituzione;
- Legge costituzionale n. 1 del 9 marzo 1961, assegnazione di tre senatori ai comuni di Trieste, Duino Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico;
- Legge costituzionale n. 1 del 21 giugno 1967, estradizione per crimini di guerra;
- Legge costituzionale n. 2 del 3 aprile 1989, progetto di referendum orientativo per confermare il mandato al parlamento europeo che ebbe luogo nel 1989;
- Legge costituzionale n. 1 del 6 agosto 1993, funzionamento della commissione parlamentare per le riforme istituzionali e per le regole di riforma costituzionali;
- Legge costituzionale n. 1 del 24 gennaio 1997, istituzione di una commissione parlamentare per le riforme costituzionali.
La riforma costituzionale del 2001 confermata dal referendum del 7 ottobre 2001
Il
Parlamento italiano, quasi alla conclusione della XIII Legislatura,
ha approvato una rilevante modifica della Costituzione modificando 9
articoli della stessa, tutti contenuti all'interno del Titolo V della
Seconda parte, relativo all'ordinamento territoriale italiano. La
legge di revisione punta a creare le basi e le condizioni essenziali
per una futura trasformazione dell'Italia in una Repubblica federale,
in prima istanza rovesciando l'ordine di preminenza nella formazione
delle leggi disposto dall'art.117: se prima venivano elencate le
materie in cui le Regioni avevano potere di legiferare (in via
concorrenziale) ed era lasciata allo Stato la competenza su tutto il
resto, ora vengono elencate le materie di competenza esclusiva dello
Stato, nonché alcune materie di competenza concorrente dello Stato e
delle Regioni, mentre viene lasciata alle Regioni la competenza
generale o "residuale" (c.d. federalismo
legislativo).
Altri
effetti della riforma sono:
- L'ordinamento policentrico della Repubblica italiana (adesso costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato)
- La "costituzionalizzazione" di Roma capitale della Repubblica
- La possibilità di concedere alle Regioni a statuto ordinario che ne facciano richiesta (e previa intesa con lo Stato) forme e condizioni particolari di autonomia (c.d. federalismo differenziato, di natura pattizia)
- L'attribuzione ai Comuni della preminenza nell'azione amministrativa (inserimento in Costituzione dei principi del federalismo amministrativo)
- L'introduzione dei principi di sussidiarietà verticale tra i vari livelli di governo della Repubblica e di sussidiarietà orizzontale tra gli enti pubblici e i cittadini
- L'inserimento dei principi del federalismo fiscale e la previsione di un fondo perequativo per le aree svantaggiate del Paese (eliminando qualsiasi riferimento specifico al Mezzogiorno e alle Isole)
- L'introduzione del potere di supplenza dello Stato qualora una Regione o un ente locale non svolga le funzioni proprie o attribuite
- La previsione dell'inserimento negli Statuti regionali del Consiglio delle autonomie locali, quale organo di consultazione fra la Regione e gli enti locali
- La soppressione del controllo preventivo statale sulla legislazione regionale
- La possibilità, nelle more dell'istituzione del Senato federale (evento che completerà l'evoluzione in senso federale del Paese), di integrare la Commissione parlamentare per le questioni regionali con rappresentanti delle Regioni e degli enti locali
Questa
riforma, realizzata dall'Ulivo sulla base di un testo approvato da
maggioranza e opposizione nella Commissione bicamerale per le riforme
istituzionali presieduta dall'onorevole D'Alema, non è stata
appoggiata dal quorum dei 2/3 del Parlamento: ciò
ha permesso l'indizione di un referendum sospensivo per chiederne
all'elettorato l'approvazione o la bocciatura. Attraverso il voto
popolare del referendum, svoltosi il 7 ottobre 2001, il 64,20% dei
votanti (34,10% di affluenza) ha espresso la volontà di confermare
la riforma, entrata poi in vigore l'8 novembre 2001.
Il
Parlamento italiano aveva approvato una rilevante modifica delle
disposizioni dell'attuale Costituzione (una cinquantina di articoli
furono modificati da tale legge). Qualora tale riforma fosse entrata
in vigore, si sarebbe prospettata la nascita di una Repubblica
federale con un esecutivo nettamente più forte. Tra le principali
disposizioni di tale (fallita) riforma costituzionale si possono
citare in modo non esaustivo le seguenti:
- Sostituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, adottando la versione del sistema parlamentare detta premierato, con un Primo ministro che verrebbe designato direttamente dagli elettori. I poteri del primo ministro vengono rafforzati, in quanto su sua richiesta il Presidente della repubblica deve sciogliere la Camera dei Deputati, a meno che la maggioranza espressa dalle elezioni non indichi un sostituto.
- Voto di fiducia e sfiducia al Governo espresso dalla sola Camera dei Deputati.
- La sfiducia al governo comporta anche lo scioglimento della camera, a meno che i deputati che hanno votato la fiducia esprimano un nuovo primo ministro (non è possibile che il nuovo governo sia sostenuto da una maggioranza diversa dal precedente).
- Riduzione delle funzioni del Presidente della Repubblica: deve nominare Primo Ministro chi risulti candidato a tale carica dalla maggioranza uscita dalle elezioni, senza più la (peraltro formale) libertà di scelta attualmente contemplata dall'art. 92 Cost.; può sciogliere la Camera dei deputati solo su richiesta del Primo Ministro, in caso di morte, impedimento permanente o dimissioni dello stesso, se la Camera dei deputati ha approvato una mozione di sfiducia al Primo Ministro senza che la maggioranza risultante dalle elezioni ne abbia espresso uno nuovo, oppure se il voto di sfiducia sia stato respinto col voto determinante di deputati non appartenenti alla maggioranza espressa dalle elezioni. L'età minima per essere eletto alla carica di Presidente scende da 50 a 40 anni.
- Trasformazione del Senato in Senato federale della Repubblica teso a rappresentare gli interessi del territorio e delle comunità locali. I senatori saranno eletti fra i residenti sul territorio regionale e già rappresentanti del popolo in enti territoriali.
- Istituzione di un sistema monocamerale per il voto delle leggi: in funzione delle materie, sia il Senato federale, sia la Camera, possono approvare una legge, senza che sia necessario (salvo eccezioni) un completo iter tra le due camere.
- Numero ridotto di parlamentari (500 deputati + 18 deputati per gli italiani all'estero + fino a 3 eventuali deputati a vita; 252 senatori federali).
- Ruolo più specifico all'opposizione (alla Camera) e alle minoranze (al Senato federale).
- Alcune competenze, assegnate dalla riforma del 2001 alla legislazione concorrente (in cui la facoltà legislativa spetta alle regioni, salvo la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione statale) tornano di esclusiva competenza statale. Esse sono:
- la sicurezza del lavoro
- le norme generali sulla tutela della salute
- le grandi reti strategiche di trasporto e di navigazione di interesse nazionale e relative norme di sicurezza
- l'ordinamento della comunicazione (rimangono ambito della legislazione concorrente la "comunicazione di interesse regionale, ivi compresa l'emittenza in ambito regionale" e la "promozione in ambito regionale dello sviluppo delle comunicazioni elettroniche")
- l'ordinamento delle professioni intellettuali
- l'ordinamento sportivo nazionale (rimane alla legislazione concorrente l'ordinamento sportivo regionale)
- la produzione strategica, il trasporto e la distribuzione nazionali dell'energia (alla legislazione concorrente rimane la produzione, trasporto e distribuzione dell'energia di rilevanza non nazionale).
- Passano alla competenza esclusiva delle regioni alcune materie prima incluse nella legislazione concorrente:
- assistenza e organizzazione sanitaria;
- organizzazione scolastica, gestione degli istituti scolastici e di formazione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche;
- definizione della parte dei programmi scolastici e formativi di interesse specifico della Regione;
- polizia amministrativa regionale (la polizia amministrativa locale già rientrava nelle competenze esclusive regionali);
- Reintroduzione dell'interesse nazionale come limite della legislazione regionale.
- Protezione costituzionale delle Autorità indipendenti.
- Modifica della composizione della Corte costituzionale con aumento dei membri di nomina parlamentare.
- I "membri laici" del Consiglio Superiore della Magistratura non sono più scelti dal Parlamento in seduta comune, ma per metà da ciascuna camera, sempre tra i professori universitari ordinari di materie giuridiche e gli avvocati con quindici anni di esercizio della professione.
- Modifica delle possibilità di ricorso alla Corte Costituzionale, con attribuzione della possibilità di ricorso anche alle Province, alle Città Metropolitane e ai Comuni.
- Possibilità di referendum consultivo su tutte le riforme della costituzione e sulle leggi costituzionali, anche approvate in seconda lettura a maggioranza dei due terzi.
Tale
riforma, realizzata dalla Casa delle Libertà, ha suscitato vivaci
discussioni, sia nel mondo politico, sia nella società civile, dando
vita ad un dibattito acceso, soprattutto in funzione del referendum
confermativo di tale riforma.
La
legge era stata approvata a maggioranza assoluta e, successivamente,
è stato richiesto un referendum confermativo da tutti e tre i
diversi soggetti abilitati a farlo (almeno un quinto dei membri di
una Camera, cinquecentomila elettori, cinque consigli regionali) per
chiedere all'elettorato la conferma o il rigetto di tale riforma.
Attraverso il voto popolare del referendum, svoltosi il 25-26 giugno
2006, il 61,70% dei votanti (53,70% di affluenza) ha espresso la
volontà di impedire l'entrata in vigore della riforma, votando NO.
L'analisi
del voto ha evidenziato come in Italia il Sì
abbia prevalso solo tra gli elettori di Lombardia e Veneto, mentre i
voti all'estero hanno visto il prevalere del Sì
in tutte le circoscrizioni, eccetto che tra gli Italiani residenti in
Europa
Ricerca
a cura di Ezio Recano, H.R.Y.O. – Human Rights Youth Organization
Fonte:
www.wikipedia.org
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